Guerre di serie B

Le ultime vicende di cronaca internazionale – la strage di Nizza e il golpe (o presunto tale) in Turchia – hanno fatto riemergere la solita, noiosa diatriba che ciclicamente impazza sui social network. Le due fazioni, alle quali le persone aderiscono con la fedeltà di Capezzone, sono le seguenti: da una parte c’è chi espone il proprio cordoglio nei confronti delle vittime, molto spesso ostentando un dolore che in realtà è fittizio; dietro l’altra trincea invece stanno i realisti, i cinici, allergici a questo tipo di ipocrisia, che si scagliano a suon di tweet e post rivendicando tutti quegli avvenimenti che passano inosservati agli occhi dei media occidentali, dalle bombe francesi in Siria agli attentati  giornalieri in Medio Oriente. 

Premesso che ormai stoicamente sto imparando ad accettare questa eterogeneità da parte dei mezzi di comunicazione nel trattamento di fatti che coinvolgano direttamente l’Occidente o meno – per certi versi è anche comprensibile che un attentato in Francia faccia più rumore che uno in Iraq – il pensiero della seconda fazione mi stimola fortemente. Perché è giusto approcciare, o almeno cercare di farlo, tutte le stragi con lo stesso atteggiamento, senza disambiguità nel trattare il dolore, il sangue, il male. Ma quello che mi chiedo allora è: in quanti altri posti del mondo, senza che noi nemmeno ce ne possiamo accorgere, si stanno consumando tragedie da decenni? Troppi, purtroppo. Ma di molti di questi nessuno ne parla, nemmeno la categoria dei cinici e dei realisti. 

Penso alla lotta continua del popolo kurdo, al dramma palestinese, agli scontri in Congo, Sudan, Egitto e Nigeria, alla Thailandia, alla secessione ucraina. Guerre che stanno avvenendo proprio ora, ma che sono troppo piccole, o troppo vecchie, o troppo poco interessanti per giornali e TV. Non  possono certo valere una menzione ora, mentre la Francia è ancora sotto shock. E allora è proprio compito nostro, delle persone comuni, tenere a mente che esistono. Non ci possiamo fare niente, ma esistono. Esserne consapevoli è il primo passo per non perdere la bussola e non cadere nell’ipocrisia. Almeno fino al prossimo attacco in Europa.

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